Qualche post fa ho scritto qualche breve informazione sul Craftivism, una forma di espressione che trovo particolarmente interessante. Ho accennato anche alla situazione milanese, a Serpica e all'evoluzione a metabrand.
Oggi invece pubblico un intervista. Zoe Romano, giovane copywriter e concept designer, artista visuale e media attivista, grinta da vendere e un cervello di tutto rispetto è una delle creatrici di Serpica Naro, oggi impegnata anche in un progetto di tutto rispetto: Edufashion.
Zoe ha gentilmente accettato di rispondere a qualche domanda sui suoi progetti, sul mondo del Craftivism in generale e su altro ancora.
Quali sono state le reazioni della città al progetto di Serpica?
Milano ha reagito positivamente al progetto. Molti quotidiani ne parlarono e anche a qualche anno di distanza mi stupisco che il ricordo di quel momento è ancora nitido nelle menti non solo di chi ha partecipato ma anche di chi l'ha seguito a distanza e si attiva con entusiasmo nei nostri laboratori.
Che relazione c'è tra craftivism e open source?
Craftivism è l'unione di craft (fatto a mano, mestiere) e attivismo, ossia l'attenzione ai problemi sociali e l'attivazione nello spazio pubblico. Le questioni sociali hanno spesso a che fare con tutto ciò che riguarda la proprietà intellettuale e la libertà condividere e scambiarsi risorse abbondanti che invece vengono messe sotto regime di scarsità indotta per poterci guadagnare sopra.
Il "fatto a mano" attinge a pratiche che sono pre-capitalistiche, in cui il passaggio di conoscenze e il tramandarsi il fare erano alla base di ogni comunità autosufficiente.
Il rilasciare il proprio lavoro con codici aperti, utilizzando licenze open source, significa ribadire la necessità dello scambio e la condivisione per tenere in vita la società.
E tra craftivism e autoproduzione?
Vedo l'autoproduzione come un sottoinsieme (spesso un po' meno politico) di craftivism perchè l'esigenza è quella di uscire dal sistema moda per trovare una nuova dimensione della produzione di moda basata su una filiera cortissima, sul rapporto diretto con le persone che acquistano in tuoi vestiti, sul rispetto delle persone e dell'ambiente.
Come si è sviluppato il craftivism nel tempo?
Per questo c'è un'utilissima voce su
wikipedia che riassume la storia e poi anche il sito
Craftivism in cui puoi trovare anche altro materiale interessante raccolto da Betsy Greer che ha coniato il termine nel 2003.
Secondo te quali potranno essere gli sviluppi futuri? Quali sono le possibilità di costituire un mercato diverso?
Penso che affiancare al craft tutto quello che riguarda lo sviluppo di hardware e software open source ma anche l'utilizzo di tecnologie come le macchine per il taglio laser e le stampanti 3d, si raggiungerà un livello di customizzazione di massa e produzione on demand che permetterà un'offerta concorrenziale con tutto la moda mainstream.
Parlami di Edufashion, il progetto al quale stai collaborando...
EDUfashion è il progetto su cui sto lavorando da circa un anno finanziato con il contributo della Commissione Europea. Il suo obiettivo principale è di incoraggiare il fare comune, la collaborazione e l'innovazione per fornire un nuovo punto di vista sulla pratica della moda.
Lo strumento per raggiungere tale obiettivo è la connessione attraverso un marchio aperto e partecipato, Openwear, di individui e gruppi per permettergli di agire come piccole imprese sostenibili beneficiando di ciò che si può condividere attraverso la produzione di un valore comune.
Openwear oltre a essere un brand aperto è sarà anche uno spazio virtuale in cui designer, creativi, studenti, autoproduzioni potranno mettere in gioco le loro capacità per la creazione di una collezione partecipata di capi i cui cartamodelli saranno liberamente scaricabili dai membri della community, e avranno a disposizione uno spazio online in cui mostrare il proprio lavoro, gestire una vetrina in cui vendere le proprie produzioni, e saranno supportati in eventuali percorsi di formazione.
Quali sono le peculiarità di fare craftivism in Italia rispetto a paesi in cui è più affermato?
In italia è più diffuso il "fatto a mano" e l'autoproduzione piuttosto che il craftivism, ossia l'utilizzo di oggetti fatti a mano, ad uncinetto, a maglia o cuciti per trasmettere un messaggio sociale nello spazio pubblico.
Ma penso che nel prossimo futuro qualcosa in più si vedrà anche qui in Italia.
Perchè, secondo te, in Italia sono poco utilizzate le forme alternative al copyright che consentono una maggiore circolazione delle informazioni?
Penso sia solo un problema di diffusione delle informazioni. Non credo che le persone non siano d'accordo ma piuttosto non sono ancora entrate in contatto con l'alternativa possibile. Bisognerebbe parlarne di più nelle scuole.
Secondo te c'è il rischio che il Craftivism possa essere cannibalizzato dalla cultura mainstream?
Il mainstream ha la tendenza a cannibalizzare tutto. Se guardi le collezioni degli ultimi mesi ti accorgi come abbiamo preso molta ispirazione da tutto ciò che viene dal craft. Ma il craftivism non è solo una tendenza estetica, si tratta soprattutto di processo, ossia di come vengono prodotte le cose e come sono condivise, in che contesto sono distribuite e il messaggio che contengono.
Tutto ciò non può essere cannibalizzato, l'importante è che le persone non si fermino all'aspetto estetico ma facciano qualche passo più in là, a volte basta farsi qualche domanda in più.
In base alla tua esperienza credi che la maggioranza de* craftivist sia donna? O ti sembra che ci sia più bilanciamento fra i generi? Secondo te perchè è così?
Si, c'è una percentuale maggiore di donne perchè culturalmente queste attività erano riservate al "gentil sesso".
Ora siamo in una fase di transizione in cui il craft si sta mixando molto con la tecnologia e credo che si arriverà ad un bilanciamento.